DOTT.SSA CHIARA NARDONE

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4 false credenze su come si forma l’attacco di panico

26 Nov 2020 | Ansia e stress

attacco di panico

Le 4 false credenze su come si forma l’attacco di panico e le 3 reazioni che lo scatenano.

Ci hanno sempre insegnato che per trovare la soluzione ad un problema si deve prima capire da cosa è stato causato. In realtà, per individuare la via di risoluzione basta intervenire sulla modalità di funzionamento, ovvero sul processo che mantiene e alimenta il problema stesso.

Dobbiamo quindi passare da una logica di causalità, ad una logica di processo. In altre parole, bisogna occuparci di come funziona un sistema piuttosto che preoccuparci del perché si sia sviluppato il problema. E poi sarebbe comunque impossibile intervenire su qualcosa che è accaduto in passato e pertanto ormai immodificabile.

Quindi, il passaggio dev’essere da leggere la realtà attraverso una linearità di causa-effetto a mettere una leva di cambiamento all’interno dei meccanismi di persistenza del problema. In parole più semplici, devo intervenire per modificare tutti quei comportamenti o pensieri che mantengono e alimentano il problema oggi nel “qui e ora”.

4 false credenze sulle cause degli attacchi di panico

1. È causato da traumi infantili irrisolti

Nel caso si cerchi di risalire alle cause del problema nei ricordi del paziente, si potrebbe incorrere in 2 errori di valutazione:

  • il racconto della persona è già una prima “interpretazione” degli accadimenti passati, quindi è mediata da una rielaborazione soggettiva, non attendibile scientificamente
  • la seconda “interpretazione” è quella del terapeuta che rivaluta la narrazione sotto la lente d’ingrandimento di una teoria di riferimento uguale per tutti

È chiaro come tutti questi passaggi vadano a distorcere la “realtà originaria” costruendo una “nuova realtà” che è il prodotto delle rielaborazioni di entrambi. Inoltre, non ci dimentichiamo che ogni persona è unica e irripetibile e che nella sua originalità non può essere uniformata ad un modello che riporta eventi simili ad una spiegazione univoca… sarebbe un po’ troppo riduttivo!

Comunque, anche se si potesse individuare la causa “vera”, come potremmo mai modificarla nel presente??

2. Ha un’origine biologica

Senza dati certi e significativi, è stato affermato che la sindrome da attacchi di panico sia causata da una disfunzione cerebrale a livello del locus coeruleus. Magari fosse così semplice limitare tutta la spiegazione di un sistema complesso come la nostra mente. E poi, se davvero fosse questa la spiegazione medica, gli psicofarmaci funzionerebbero in ogni caso di attacco di panico.

Inoltre, il locus coeruleus è una struttura presente in tutti i mammiferi, pertanto, una sua disfunzione dovrebbe manifestarsi anche nelle altre specie, non soltanto negli esseri umani. Ma sappiamo bene che gli animali non soffrono di attacchi di panico.

3. Deriva da legami di attaccamento iperprotettivi o deprivanti

Dati clinici (ogni terapeuta con un significativo numero di pazienti lo può confermare) dimostrano che non tutti i pazienti con attacchi di panico hanno una storia di relazioni familiari patologiche. E anche se dipendesse dall’educazione ricevuta o dai modelli di attaccamento subiti, come potremmo oggi cambiare il passato?

4. Si sviluppa a causa di stimoli esterni

Frequentemente, il primo episodio di attacco di panico non è legato a un evento spaventoso preciso, quanto più al progressivo aumento di pensieri relativi al potersi sentire male. Quindi, la persona inizia ad aver paura di poter perdere il controllo senza una motivazione concreta. Poi più cerca di ridurre le reazioni e più le innesca, fino ad arrivare al panico.

In una piccola parte dei casi, è possibile che ci sia stata una situazione scatenante anche leggera che ha attivato tutto il processo. In realtà, la costruzione del quadro sintomatologico non deriva prettamente dall’evento iniziale, ma da tutto ciò che la persona mette in atto per evitare di avere un nuovo attacco di panico.

Ovvero, l’attacco di panico è innescato dai miei tentativi di controllo che attivo per paura di averlo.

Le 3 reazioni che fanno sviluppare l’attacco di panico

In termine tecnico, queste modalità di comportamento o di pensiero sono definite tentate soluzioni. Ovvero, qualcosa che viene applicato per risolvere, ma che al contrario peggiora la situazione.

1. Evitare

La persona dopo il primo episodio di attacco di panico inizia ad evitare le situazioni potenzialmente pericolose. Evita di rimanere da sola e a volte, addirittura, riesce a stare calma solo con poche persone di cui si fida. Ma più evita e più aumenta la convinzione di essere incapace di affrontare quella situazione.

2. Chiedere aiuto

Ogni volta che la persona chiede aiuto e lo ottiene, riceve un duplice messaggio:

  • ti aiuto perché ti proteggo e ti voglio bene
  • ti aiuto perché sei malato e non puoi farcela da solo

Si va così ad innescare la cosiddetta “profezia che si autorealizza”: più ricevo aiuto e più mi convinco di non poter essere autonomo e indipendente.

3. Controllare le reazioni fisiche e i pensieri

Il primo episodio di panico, reale o immaginato, ha fatto sperimentare una serie di sintomi fisici e psichici quali, tachicardia, affanno, sudorazione eccessiva, vampate di calore, confusione mentale, capogiri, etc.. Successivamente, la persona comincia ad ascoltarsi e tenta di autocontrollarsi. Così facendo, però, paradossalmente perde sempre di più il controllo delle proprie reazioni andando ad alimentarle. In poche parole, se tenti di regolare volontariamente il battito cardiaco avverti subito un’accelerazione della frequenza. Allo stesso modo, se tenti di non pensare ad un elefante rosa quale sarà la prima cosa che ti viene in mente? Un elefante rosa.

Paradossalmente, tutti questi tentativi di soluzione “retroagiscono” sul problema, alimentandolo, mantenendolo e complicandolo, invece che risolverlo.

Risolvere gli attacchi di panico in tempi brevi

La riuscita di un percorso terapeutico dipende dall’intervento sulle 3 reazioni che scatenano il panico, non sulle ipotetiche cause originarie. Una volta bloccate tali reazioni, si andrà a lavorare in chiave di consolidamento dei nuovi apprendimenti. Rafforzando così, l’autostima e l’autoefficacia della persona sarà più facile evitare le ricadute, tipiche al contrario dei trattamenti con psicofarmaci.

Leggi anche: Attacchi di panico: uscirne in tempi brevi

Per approfondimenti:

Paura, panico, fobie, 1995, Nardone G., Ponte alle Grazie Editore

Non c’è notte che non veda il giorno, 2003, Nardone G., Ponte alle Grazie Editore

Psicologa Psicoterapeuta specialista in Terapia Breve Strategica, Comunicazione, Problem Solving e Coaching Strategico